| Ladri di pesce |
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di Corrado Giustiniani – Il Messaggero pubblicato il 08-02-2008 Ha fatto il traghettatore di clandestini perché non trovava più pesce Ale Nodye, nativo di Kayar, villaggio del Senegal del Nord. Così, ha imbarcato 87 migranti sulla sua piroga, destinazione Canarie. Ma gli è andata male. Arrestato e deportato. Adesso è di nuovo libero, ma giura che ci riproverà. La storia di Ale, è di tanti altri pescatori come lui, è raccontata in una recente inchiesta del New York Times, che ha messo sotto accusa gli accordi che dal 1979 l’Unione europea stringe con alcuni paesi dell’Africa nord occidentale: soldi in cambio del permesso di pescare accordato ai pescherecci dell’Unione. Risultato: il mare si sta svuotando di tonni, polpi, gamberi e altre specie. Perché alle flotte dell’Unione si aggiungono quelle della Russia e della Cina, e i pescatori di frodo, che dilagano indisturbati. La Guinea Bissau, tanto per fare un esempio, non ha nemmeno una motovedetta per pattugliare coste ed acque territoriali e il 40 per cento del suo pesce viene preso illegalmente. La Mauritania, che ha venduto i diritti di pesca all’Unione per 146 milioni di dollari l’anno per sei anni, un quinto dell’intero budget del paese, ha perso dal 1996 ad oggi un terzo della sua flotta. Certo, grave è la colpa dei leader politici africani, incapaci di utilizzare in modo efficiente i dollari avuti in cambio dei diritti accordati, e di sostenere il reddito dei pescatori. Ma è un fatto che lungo le coste, in quel tratto d’oceano, non si trova più pesce. L’anno scorso circa 31 mila africani, secondo le statistiche dell’Onu, hanno cercato di raggiungere le Canarie, e circa 6 mila sono morti. Se ci pensiamo un po’ su, magari quel piatto di tonno ci va di traverso. |
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